Racconto breve “Se tu non fossi esistita”

Racconto breve “Se tu non fossi esistita”

Informazioni

“Se tu non fossi esistita” è un racconto breve ispirato alla canzone “et si tu n’existais pas” di Joe Dassin. L’ispirazione è arrivata proprio da quei versi e ha creato questo racconto.

“Se tu non fossi esistita”

Et si tu n’existais pas… (Se tu non esistessi…) 
Dis moi purquoi j’existerais… (Dimmi perché io dovrei esistere)
Se tu non fossi esistita

Ballare… ci piaceva così tanto farlo. Fluttuare sopra il palco nei locali, per strada, persino sopra il parquet in casa, in qualsiasi posto. Il valzer, la salsa, il tango, qualsiasi genere era perfetto per noi. Amavamo la musica e muoverci seguendo le sue note, ci sentivamo liberi in quei momenti. Adoravo i tuoi vestiti leggeri, colorati, i tuoi capelli dorati e come volavi quando ti facevo girare. Non serviva metterci d’accordo, non dovevamo fare prove, bastava guardarci e quando partivamo eravamo in sintonia: io forte, deciso, tu dolce e sensuale. E soprattutto adoravo quella canzone… Et si tu n’existais pas…

Amavo il tuo sorriso, i tuoi occhi verde smeraldo, il tuo sguardo che mi aveva conquistato nel primo istante che ti avevo visto. Non ero mai stato il tipo da colpo di fulmine e non ci credevo nemmeno, ma quella volta avevo proprio perso la testa. Me lo ricordo come se fosse ieri.

Un giorno d’estate, caldo con un filo di vento che muoveva gli alberi attorno, il sole che stava tramontando colorando il cielo di mille sfumature diverse, Parigi, Senna, un sogno. Quel giorno tutto cambiò per due giovani che erano in vacanza alla scoperta del mondo, alla ricerca di nuovi emozioni, di un’avventura. Alla fine siamo tutti così, andiamo da qualche parte, facciamo un viaggio perché vogliamo scoprire qualcosa, a volte solo noi stessi.

Quel pomeriggio avevo deciso di fare un giro per le strade accanto alla Senna ed ero proprio sotto la Tour Eiffel, a guardare quel capolavoro di ingegneria e intelligenza umana, a sentirmi piccolo di fronte a quella torre che si scagliava contro il cielo mentre un leggero foulard lilla cadde sui miei piedi. Non mi sarei nemmeno accorto se non fosse stato per quel tocco leggero della seta contro la gamba lasciata nuda dai pantaloni corti. Ero così preso da quello spettacolo, il verde del parco, le persone sedute al sole, era tutto così nuovo per me. Presi quel foulard e guardai attorno a me alla ricerca della sfortunata ragazza che lo aveva perso. Avevo già in mente di fare il solito, qualche battuta carina con il mio accento, invitarla a uscire, in fondo ero sempre così, volevo conquistare il mondo e perché no, le ragazze carine. Ero consapevole che i miei capelli scuri, gli occhi chiari e il fatto di essere alto e sempre in forma aveva un certo fascino e lo sfruttavo senza nessun problema. Non ero un dongiovanni ma non cercavo nemmeno una relazione seria perché avevo già dato il mio cuore alle persone sbagliate e avevo sofferto. Il solito cliché: ero giovane, desideravo qualcosa e le mie aspettative non erano state soddisfatte. Probabilmente il motivo era solo un’incongruenza di carattere. Così avevo deciso di prendere le cose alla leggera, divertirmi e dare meno importanza a tutto. Ero convinto di quella teoria, che quel comportamento mi portasse meno sofferenza.

Mi girai e vidi una ragazza con i capelli dorati mossi dal vento, con un vestito lilla svolazzante, che mi correva incontro agitando le braccia. Il foulard era suo, senza ombra di dubbio. Tuttavia il mio piano di fare l’idiota fallì miseramente e restai a bocca aperta, senza parole. Ti fissai e cercai di catturare ogni dettaglio, come per imprimere nella mia mente una tua immagine: avevi i capelli lunghi, fino quasi alla vita, mossi, che il vento continuava a spettinare, occhi verdi smeraldo, uno sguardo penetrante, ma dolce e sensuale allo stesso tempo. Eri come un angelo, con un sorriso bellissimo.

Avevi capito da subito che non parlavo francese, avevo l’aria da turista. Mi parlasti con il tuo accento british e volevo quasi ridere. Parlavamo la stessa lingua, eppure sembravamo lontanissimi. Forse era solo l’imbarazzo del momento. Io ero muto davanti alla tua bellezza, tu per la timidezza. Il rossore sulle guance lo testimoniava e forse è stato quello il momento in qui mi sono innamorato. Quando ti ho messo il foulard nella mano e mi hai ringraziato, quando mi hai sorriso dolcemente e ho visto le tue guance in fiamme, ho perso la testa. Non aveva mai creduto al colpo di fulmine, ma dicono che non puoi credere a qualcosa finché non lo provi. Per noi è stato così.

Chimica pura dal primo istante, quando mi sono presentato e ti ho stretto la mano sentendoti per la prima volta. Non eri abituata a parlare con uno straniero, eri sempre più rossa. Amore mio, come eri dolce. Ti ho vista andare via e camminare e improvvisamente attorno a me non c’era più nulla, perché la torre si era fatta piccola di fronte a te, aveva smesso di avere una qualche importanza per me.

Quella sera, in uno dei battelli sulla Senna dove si ballava, ti ho rivisto e ho capito che il destino mi stava mandando un messaggio. Proprio a me, il ragazzo che faceva lo stupido, a volte arrogante, che voleva vivere tutto con leggerezza. Chi lo avrebbe mai detto?

Ti ho guardata e sono rimasto senza fiato. Indossavi un vestito lungo rosso con uno spacco su una gamba, tacchi, un trucco leggero, eri semplicemente stupenda. Anche se eri lì accompagnata da amici, ho deciso di rischiare e invitarti a ballare. Non potevo perdere quella occasione. Amavo il tango e quando la musica partì, siamo scivolati entrambi sulla pista, come dei professionisti. Avevamo il ritmo nel sangue, l’intesa, sensuali al punto giusto, ogni passo sembrava parte di una coreografia studiata ad arte. A metà canzone la sala era ormai stregata da noi due, tutti guardavano ogni nostro movimento. Alla fine, quando ti ho fatto girare e ti ho tirata verso di me, siamo rimasti così vicini che sentivo il tuo respiro, il tuo profumo, il tuo cuore vicino al mio. Tutti iniziarono ad applaudire e la magia finì lì. Niente bacio come nei film, forse qualcuno lo aspettava anche, ma io non volevo correre, non questa volta. Quella magia mi era bastata, averti vicina tra le mie braccia, era sufficiente per il mio cuore. Abbiamo ballato anche la sera dopo, nello stesso posto. Era come un appuntamento, senza troppe pretese. Verso la fine della serata ho sentito per la prima volta quella canzone. Era stupenda, creava così tante emozioni dentro di me, forse e soprattutto perché tu avevi iniziato a cantarla e hai continuato a farlo sempre.

Et si tu n’existais pas, (se tu non esistessi)
Dit moi pourqui j’existerais, (dimmi perché esisterei)
Pour trainer dans une monde sans tois (per vivere in un mondo senza te)
Sans espoirs e sans regrets… (senza speranza e senza rimpianti)

Non potevo immaginare che sarebbe diventata la nostra canzone e che mi sarebbe entrata dentro l’anima a tormentarmi ogni secondo.

Abbiamo passato dei giorni bellissimi, mi porto dietro così tanti ricordi che a volte ho paura di scoppiare e non riuscire più a contenere tutte quelle emozioni. Abbiamo fatto la crociera sulla Senna di notte, abbiamo visitato il Louvre perdendoci nella sue stanze, siamo saliti in cima a Notre Dame guardando Parigi dall’alto, fino a dove l’orizzonte di fondeva con i tetti della case. Abbiamo visto gli immensi giardini di Versailles, dove una volte passeggiavano re e regine, abbiamo assaggiato quel sapore di antico, lusso e potere, abbiamo condiviso le nostre infanzie, i nostri sogni tra quelli alberi e le fontane. Pendevo dalle tue labbra. Volevi diventare una scrittrice, amavi inventare storie e leggere, studiavi lettere. Io ascoltavo per ore la tua voce come stregato, quando leggevi qualche poesia o cantavi qualche canzone, soprattutto quella.

Et si tu n’existais pas (se tu non esitessi)
J’essaierais d’inventer l’Amour (cercherei d’inventare l’amore)
Comme un peintre que voit sur ses doigts (come un pittore che vede sulle sue dita)
Naitre les couleurs du jour (nascere i colori del giorno)
Et qui ne revient pas (che non tornano indietro)

Si, se tu non fossi esistita io ti avrei inventato, amore mio, avrei inventato tutto solo per conoscere quelle emozioni, quei colori d’estate, il cielo rosso al tramonto, nero con migliaia di stelle la notte, tutto impresso nella mia mente per sempre. Dorato, lilla, rosso, tu. I colori del giorno in qui ti ho conosciuta, della sera quando ci siamo baciati per la prima volta sotto le stelle e i raggi d’argento della luna, sul Pont Neuf. Argento, dorato, rosso, tu, noi, l’amore

Amavo la tua voce, ogni singola nota e ogni singola parola, e tu cantavi solo per me. Mi ero innamorato, perso, e tu eri come me. Eravamo innamorati davvero, sul serio, non una cotta e basta. Avevamo dei progetti, per quanto le vacanze fossero brevi. Prima o poi dovevamo salutarci, ma sapevamo entrambi che non poteva essere un addio. Non saremmo stati capaci.

Abbiamo vissuto un mese di follie, il più bello forse, pieno di vita, di amore e di felicità. Il tempo tuttavia, nostro nemico, volò e il momento di separarci arrivò prima che ci rendessimo conto davvero. Non sarebbe rimasta come storia di un’estate da raccontare agli amici, oh no, io volevo una cosa seria. Di nuovo, io avevo dato il mio cuore, la mia stessa anima a qualcuno e non ero disposto a rinunciare senza provare a lottare. Non ero più un ragazzino che si spaventava di fronte alla difficoltà delle relazioni, ero pronto a prendermi delle responsabilità perché volevo che quella storia durasse, che fosse la realtà, non solo un favola. Volevo che fosse un amore che mi rendesse felice per un tempo indeterminato.

Siamo partiti per due strade diverse, io a Miami dai miei genitori, tu a Londra dalla tua famiglia. Siamo rimasti in contatto, parlavamo ogni giorno, condividevamo tutto nonostante la distanza. Ero felice, avevo messo la testa a posto come diceva mia sorella.

Ho gli occhi chiusi e sogno, ricordo, ripercorro ogni momento che abbiamo vissuto assieme amore, perché non voglio dimenticare nulla. Qualcosa attira la mia attenzione, una musica conosciuta. Mi alzo e scendo le scale. Vedo mia sorella in terrazza e ascolta proprio quella canzone. Non so come mai. Forse per lei è solo una come tante, ma per me è la mia canzone, quella che porto dentro di me da giugno scorso, da più di un anno. Quella del nostro primo bacio, della prima notte d’amore, della nostra ultima notte assieme. Vado in terrazzo e sento le parole…

Et si tu n’existais pas
je ne serais qu’un point de plus (io non sarei altro che un punto)
dans ce monde qui vient(in un mondo che viene)
et qui va( e che va)
je me sentirais perdu( io mi sentirei perso)
j’aurais besoin de toi.( io avrei bisogno di te)

Mi sento proprio così. Ho bisogno di te in questo mondo che va avanti senza di me. Mi appoggio al muro e scendo lentamente fino a sedermi per terra. Sono scalzo, infosso dei jeans e una camicia, quella che ti piaceva tanto.

Adesso c’è il pezzo degli archi, una coltellata al cuore, andato in mille pezzi, in frantumi. Ormai le lacrime scendono lentamente sulle guance senza che io le possa fermare. Non provo nemmeno a farlo.

Ricordo tutto, balli, musica, il sole sui nostri visi, la Tour Eiffel, la Senna, la storia della città spiegata da te, il tuo sorriso così dolce, i tuoi abbracci, i tuoi baci, le tue carezze. 

Ricordo la nostra ultima notte assieme, la cena al lume di candela e quella canzone che si ripeteva. La notte più bella della mia vita. Non doveva essere un addio, ma un inizio. Era un momento speciale perché mi aveva fatto capire cosa era l’amore, i brividi perché stringi tra le braccia il tuo primo e vero amore, quello che ti ha conquistato da subito, senza parole, senza pretese, un colpo di fulmine in una giornata con il sole.

Ricordo tutto e piango, piano, ormai non ho più la forza nemmeno per singhiozzare. Mia sorella ha capito, ma non dice nulla. Non ferma la canzone, sa che deve lasciarmi andare, deve lasciarmi affogare il mio dolore perché è l’unico modo che ho per sopravvivere.

Et si tu n’existais pas
je crois que je l’aurais trouvé (credo che lo avrei trovato)
Le secret de la vie, le pourquoi (il secreto della vita, perché)
simplement pour te créer (semplicemente per crearti)
et pour te regarder. (e per guardarti)

Oh, farei di tutto per vederti ancora una volta, per accarezzarti le guance rosse, per sentire il tuo profumo, per stringerti e non lasciarti più andare, mai più.

Senti, di nuovo il pezzo degli archi, un’altra accoltellata. Ti piaceva così tanto, volevi suonare un giorno il tutto con il violino, solo che non lo avevi con te. E io non ti ho mai sentita suonare, ho perso quella occasione, per sempre.

Sai, non ti ho mai detto, ma quel giorno, quando ho raccolto il tuo foulard da terra, doveva essere l’ultimo a Parigi per me. Solo che dopo averti visto quella sera e aver ballato con te, ho deciso di restare, per te, per vivere la mia storia d’amore. E non mi sono mai pentito, ho fatto la scelta migliore della mia vita. Secondo alcuni è stata la peggiore, perché adesso sto male, sto soffrendo con il cuore distrutto, ma ho così tanti ricordi felici che il dolore non basta a rendere quel mese la peggior scelta, anzi. Non sarei lo stesso senza quel tempo passato assieme a te, non avrei conosciuto l’amore vero, quello che ti fa battere il cuore fino a scoppiare, quello che leggi nei libri e vedi nei film, quello di cui scrivono i poeti e che ormai sembra un mito.

Mi alzo e scendo le scale, vado sulla spiaggia. Non ho le scarpe, ma non mi interessa. Sento la sabbia ancora calda, vedo le coppie che passeggiano, un gruppo che fa festa e io che piango. Sento la musica in lontananza, dei giovani che si divertono, il mondo che va avanti senza di me. Inizio a cantare, sì, adesso so il francese, l’ho imparato per te, per me stesso, non lo so più neanche io. Volevo farlo per sentire Parigi più vicina, per capire quel posto che ci ha fatti conoscere, che ci ha uniti in questo destino crudele. Inizio a cantare piano piano… Et si tu n’existais pas… se tu non esistessi, se tu non fossi esistita amore, cosa sarei io oggi? Cosa farei? Il solito arrogante stupido che fa battute e conquista ragazze? Andrei avanti come se niente fosse? Forse, o forse no. Continuo a cantare.

Apro gli occhi e vedo davanti a me una ragazza, capelli scuri, occhi neri come la notte. Mi guarda sorpresa. Forse è il mio aspetto o forse cantavo a voce troppo alta e non mi ero nemmeno reso conto.

«La ami molto se canti quella canzone.»

«Sì, l’ho amata…la amo…» Non so perché, ma ho deciso di risponderle. Non parlo quasi mai di ciò che provo, forse non lo più nemmeno io come mi sento, ma sembrava la cosa giusta da fare.

«E lei dove è? Se gliela canti di persona, sono sicura che apprezzerà molto. Qualsiasi ragazza che capisce le parole lo farebbe.» La sconosciuta sorride.

«Lei… – devo fare una pausa per non scoppiare a piangere come un bambino- lei è lassù, è una stella che brilla per me. Era così bella che si è trasformata in una stella, o forte un angelo. In cielo forse non ne avevano tanti così bravi come lei. Penserai che sono pazzo, ma per me è così, lei è lassù da qualche parte. Come faccio a saperlo? Chiudo gli occhi e la vedo con il vestito rosso, rivedo il suo sorriso, rivedo il foulard lilla ai miei piedi, rivedo i colori di quel tramonto. Lei vive qui – e indico il cuore- per sempre. Una relazione a distanza non dura molto, ma per noi era diverso. Lei aveva una borsa di studio per venire qui, avrebbe iniziato a scrivere il suo libro. Avrebbe parlato di noi, una di quelle storie d’amore da favola. Ero così impaziente, così emozionato. Sua sorella la portò all’aeroporto quel giorno mentre io attendevo con ansia il suo arrivo, contando le ore. Uno, già ubriaco alle due del pomeriggio, passò con il rosso e la colpì in pieno. Lui ebbe solo qualche livido e una gamba rotta, lei invece non c’è più. Morte cerebrale. Diedero il suo cuore a qualcuno. Volevo scoprire a chi per sentirlo battere ancora, ma le regole me lo hanno vietato. Io aspettavo il suo messaggio che mi diceva di essere salita sull’aereo, messaggio che non arrivò mai. Lei salì davvero tra le nuvole, ma per sempre. E io sono rimasto qui, a cantare la nostra canzone e a piangere perché ho perso tutto ciò che aveva dato un senso alla mia vita. Alla fine questo è questo che mi è rimasto.»

La sconosciuta mi guarda quasi sconvolta, con il viso rigato dalle lacrime.

«Scusami, non volevo turbarti con la mia storia. Mi dispiace davvero, solitamente non parlo con nessuno di tutto questo.»

Continua a guardarmi e timidamente, con la voce quasi spenta mi risponde:

«Charlotte…»

Mi sento come scosso da un lungo sogno. Non le ho mai detto come si chiamava, non ho mai nominato il nome della mia Charlotte. Come fa a saperlo? La guardo stupito, sorpreso in cerca di una risposta.

Lei riprende, con la voce ancora più debole di prima, quasi un sussurro.

«Charlotte, ho il suo cuore…»

Liv

Sulla storia

Il racconto breve è stata scritto circa quattro anni fa in una sera, ispirato dalla canzone che viene citata al suo interno. Le ripetizioni e i salti dei tempi verbali sono voluti perché ho cercato di esprimere i pensieri confusi di questo ragazzo che soffre per la perdita della sua amata. Per quanto la storia non abbia molti dettagli, ho voluto solo esprimere ciò che la canzone ispirava a me in quel preciso momento. 

Il finale è volutamente lasciato aperto. Chi è la ragazza misteriosa sulla spiaggia e perché dica quelle parole, è una cosa che il lettore deve decidere e immaginare. Ho finito in quel modo perché mi sembrava giusto dare una speranza e lasciare aperta la storia che ovviamente continua finché i personaggi sono vivi. 

Grazie a chi legge e a chi vorrà lasciarmi un commento. 

Informazioni e disclaimer

Il contenuto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. 
Questa breve riflessione è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.

I versi in corsivo sono della canzone “Et si tu n’existais pas” di Joe Dassin. La traduzione è stata fatta da me.

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