Nota
Il racconto “L’erede di Dracula: un duello senza fine” è stato scritto per il mese di gennaio per la rubrica Storytelling Chronicles. Il tema di questo mese era la fanfiction. Lara di La nicchia letteraria ha voluto iniziare l’anno con una delle sfide più grandi per noi e la ringrazio per questa opportunità. Non nego che sia stato un po’ complesso per me che invento i personaggi e li muovo come vogliono loro, quindi usare un tema o dei personaggi già esistenti mi ha creato un po’ di ansia.
Dopo tante paranoie e disperazione, sono arrivata a scrivere una storia dove i protagonisti sono legati a Dracula e al mondo che è nato dal personaggio di Bram Stoker. Per me Dracula è il vampiro per eccellenza e scrivere qualcosa sull’erede di Dracula mi ha entusiasmato e creato paura allo stesso tempo.
Trama
Bram arriva alla sua destinazione, in un paesino sperduto, dando inizio al duello finale di quella lunga battaglia durata anni tra lui e la sua nemesi. Non sa cosa aspettarsi e non sa come verranno fuori, tuttavia senza indugiare va avanti fino alla fortezza di Poenari.
L’erede di Dracula: un duello senza fine
Il sole stava tramontando segnando la fine di un altro giorno. Il cielo si stava colorando di mille sfumature di rosso e arancione mentre l’oscurità iniziava a calare piano inghiottendo tutta la città dietro di lui. Guidava la macchina da diversi minuti su quelle strade dissestate, allontanandosi sempre di più dalla civiltà. A destra e a sinistra si vedevano piccole case, alcune abitate, altre visivamente in rovina.
La strada cambiò e l’asfalto rovinato scomparì lasciando davanti a lui solo sassi e buche profonde e dietro di lui una nube di polvere. Se non fosse stato certo della data e del giorno in cui stava vivendo tale avventura, avrebbe detto di ritrovarsi diversi decenni prima. Aveva lasciato le belle casette a schiera, gli autobus a due piani e le comodità di una Londra modernissima per fare un viaggio in una dimenticata zona rurale della Romania1. Non era stata una vera scelta, ma ormai era lì e non poteva fare altrimenti. Il suo lavoro di storico lo aveva portato lì e non poteva tornare indietro.
Lasciò la macchina nel villaggio dal suo contatto e con lo zaino in spalla e la valigia nella mano iniziò la salita verso la sua meta finale. Guardò in alto e sentì dei brividi sulla schiena. La fortezza sembrava in rovina da secoli anche se gli avevano confermato che fosse abitata. Sarebbe stata il suo alloggio per due settimane, tempo che avrebbe impiegato per studiare diversi documenti della biblioteca antica che si trovava dentro e per visitare i posti circostanti. Aveva il suo fascino l’idea di dormire in un posto del genere, dove una volta abitavano dei nobili e dove forse vivevano la loro vita piena di ricchezze e balli sfarzosi.
Impiegò pochi minuti per fare la salita e ringraziò la sua voglia di fare sempre attività fisica. I diversi chilometri di corsa che faceva ogni giorno e il nuoto lo avevano sicuramente aiutato a salire fino al castello senza grosse difficoltà nonostante la stanchezza e il peso dei bagagli.
Arrivato davanti alla porta principale, si rese conto che il sole era scomparso del tutto all’orizzonte e che ormai il cielo mostrava pochi colori ancora. Il buio si stava impossessando della natura circostante. Entrò e fu subito avvolto dal silenzio. Vide diverse lampade accese, probabilmente per creare l’atmosfera giusta. Le ombre che ballavano sui muri potevano risultare sinistre se qualcuno fosse stato più sensibile di lui. Immaginò sua sorella e sorrise perché era sicuro che lei sarebbe corsa via subito, senza nemmeno pensare due volte.
«Avete trovato qualcosa di divertente?» Una voce conosciuta, dolce eppure decisa lo portò alla realtà. Vide la donna scendere sulla grande scalinata davanti a lui e per un istante si chiese se fosse una visione. Era decisamente bellissima, molto più di quanto lui potesse ricordare. Non si aspettava certo di rivederla dopo così tanto tempo e non sapeva come dovesse reagire. Con lei era sempre stato così, un continuo riflettere sulle proprie parole, per poi scegliere quelle non adatte o perdere il momento.
«Elizabeth, che piacere rivederti. Non sono sicuro sia una coincidenza il fatto che io sia qui. Sapevi dovessi arrivare?» La guardò dall’alto verso il basso analizzando ogni dettaglio. Aveva ancora i capelli neri lunghissimi anche se erano raccolti in un’acconciatura che sembrava tirata fuori da un’altra epoca, indossava un lungo vestito blu scuro che ondeggiava a ogni suo passo. Si muoveva con tale grazia che sembrava non stesse davvero camminando, ma fluttuando appena sopra il pavimento. Gli occhi neri luccicavano, e la sua pelle chiara non mostrava nemmeno un segno di quegli anni passati.
«No, non è del tutto una coincidenza. Non ho tramato alle vostre spalle sia chiaro, sono stata tuttavia informata del vostro arrivo qualche giorno fa.» Era arrivata davanti a lui e lo guardò in maniera così intensa che gli sembrò gli potesse leggere dentro o trapassare del tutto con lo sguardo.
«Siamo tornati alla massima formalità del voi? Pensavo avessimo superato da tempo quella fase, Elizabeth.» Le sorrise timidamente. Era un gioco che portavano avanti da troppo tempo, iniziava sempre così. Distanti, formali per poi cominciare una danza che li avrebbe probabilmente portati alla distruzione.
«Giusto, eravamo andati oltre le formalità. Allora non posso fare altro che darti il benvenuto nella mia umile dimora.» Cercò di sorridere, anche se i suoi occhi rimasero di ghiaccio. Aveva sempre notato questo dettaglio, lei non riusciva mai a sorridere davvero.
«Umile? Direi che ci sono diversi aggettivi per definire questo posto ma umile non credo sia tra questi. Ed è la tua dimora?» Sorpreso si guardò attorno. Per quanto sembrasse il set di un film storico, quel posto non era umile o in rovina e mostrava piccoli dettagli della modernità. Anche se sulle scale c’erano diverse lampade accese con le fiamme tremolanti, si rese conto che in alto c’era un lampadario alimentato sicuramente da elettricità. Su un tavolo a sinistra dell’entrata si trovava un computer acceso con evidente connessione a internet e accanto a lui lampeggiava uno smartphone di ultima generazione. Era un contrasto forte, non sapeva se fossero quei dettagli fuori posto nello scenario, oppure i tappetti antichi, i mobili in legno massiccio e i grandi quadri appesi ai muri di pietra, il tutto evidentemente antico.
«Sì, è una proprietà che appartiene alla mia famiglia da generazioni. Umile perché non è di certo un attico nel centro di Londra o di un’altra grande città. Qui siamo a Poenari2, antica fortezza ormai dimenticata dal mondo intero.»
«Fortezza appartenuta a un principe, al Voievoda di Valacchia3. Direi che ha un valore molto più alto di un attico con una bella vista su Londra o su New York. La storia che si è svolta tra queste mura e i misteri che vi sono racchiusi credo superino qualsiasi immaginazione.» Da storico aveva studiato molto bene quei posti e quando aveva scoperto che avrebbe potuto alloggiare dentro la fortezza, aveva fatto salti di gioia come un bambino il giorno di Natale. Non sapeva come sua nonna avesse trovato dei contatti lì e non aveva nemmeno chiesto, era stato troppo felice per fare domande. In quel momento tuttavia qualche pezzo del puzzle andò al suo posto. In realtà aveva messo a tacere i suoi dubbi perché dentro di sé sapeva la vera ragione della sua presenza lì.
«I misteri non devono essere scoperti perché siano di valore, non credi?» Con la sua solita eleganza andò verso il tavolo e spense il computer. Gli diede il tempo per osservarla e decidere se restare o scappare e visto che lui non si mosse nemmeno, comprese che la decisione l’aveva ormai presa.
«Vuoi fare un giro del castello o sei troppo stanco?» Si avviò verso un corridoio in ombra e si fermò appena prima di svoltare, aspettandolo. Sapeva che neanche la stanchezza avrebbe fermato la sua curiosità. Lo conosceva bene o ormai.
Gli mostrò i ritratti e i quadri appesi ai muri lungo il corridoio parlando di cose futili, girando attorno a quello che sarebbe stato il vero argomento della discussione. Dopo un po’ svoltò ed entrò in una sala grande che sembrava la biblioteca o lo studio di un nobile.
«Gradirai sicuramente questa stanza. Ci sono opere di inestimabile valore su questi scaffali. Potrai consultare tutto ciò che vorrai nei prossimi giorni, nessuno ti disturberà.»
«Perché sarò completamente da solo dall’alba al tramonto?»
«Abbiamo finito di girarci attorno dunque?» Elizabeth si mise seduta sulla grande sedia dietro la scrivania. Emanava un certo potere in quella posizione e lui non poteva essere del tutto immune al suo fascino. Non lo era mai stato in fondo.
«Perché sei andata via senza dire nulla? Mi pareva che ci fosse una certa intesa tra noi due. Tuttavia sei scomparsa nel nulla, fino ad oggi.»
Il silenziò fu interrotto da una risata quasi sinistra. «Abraham, siamo sinceri uno con l’altra. Dovevo venire da te e dirti cosa di preciso? Sai cosa sono e sai che la nostra intesa, come l’hai chiamata tu, non è naturale. Forse non dipende nemmeno da noi, ma da chi siamo. Non credi?» Appoggiò la schiena alla sedia e incrociò le mani nel grembo. In quella posizione sembrava uscita da un romanzo storico dell’800. Una principessa che era abituata a comandare, che trasudava potere.
«No. Io ero innamorato di te davvero, non era stato nulla ad attrarmi se non tu e il tuo modo di essere: elegante, sofisticata eppure così semplice, intelligente e misteriosa.»
«Chiami innamoramento quello che in realtà credo fosse solo una forza antica che ci lega e alla quale non possiamo opporci perché il destino ha scelto per noi da troppo tempo ormai.»
«Forse il destino o una semplice coincidenza ha scelto di farci incontrare, ma non è stato quello a farmi avvicinare a te. Non è stato quello il motivo per il quale ti sognavo, ti desideravo e per il quale mi sono innamorato di te. Quello prescinde dal passato. Credo che siamo una anomalia persino, dovrei odiarti come la mia famiglia ha fatto prima di me, eppure sono qua e per essere sincero, non sono immune alla tua bellezza. Non lo sono mai stato.»
«Sei un uomo, un mortale attratto dal mistero e da ciò che non può conoscere e non potrà mai capire a fondo: l’immortalità.»
«Non è l’immortalità ad attrarmi, credimi, ma tu.» Si guardò attorno nella stanza per catturare l’essenza di quel posto e poi si avvicinò alla scrivania fino a posare sopra le mani. Era dalla parte opposta eppure così vicino a lei. La stava sfidando, ne era consapevole, ma non poteva farne a meno.
«Sciocco uomo mortale, perché ti dovrei risparmiare?» La sua voce era gelida ma non lo spaventò per niente. Non era la prima volta che lo provocava in quel modo. Il loro duello andava avanti da anni, adesso erano solo arrivati alle ultime battute.
«Perché mi hai risparmiato fino adesso? Hai avuto modo di sbarazzarti di me tante volte, ma non lo hai fatto. Perché?» La guardò dritto negli occhi aspettando una risposta. Stava camminando sul bordo del burrone e un solo passo lo avrebbe potuto portare alla morte, ma era nato per rischiare e non poteva fare una scelta diversa in quel momento.
«Forse mi divertivo di più a giocare con te per un po’. Adesso invece sei qui, nel mio territorio quindi cosa può impedirmi di portare a termine il mio compito?» Per quanto la sua voce fosse decisa e fredda, lui notò un luccichio nei suoi occhi, un qualcosa di malizioso e divertente. Non era lo sguardo e il comportamento che ci si poteva aspettare da lei.
«Sei qui davanti a me a parlare invece di agire, qualcosa mi dice che non riesci a finire il tuo compito come non riesco io. Per dieci anni ho cercato di finire ogni missione nel miglior dei modi e ho rimandato a lungo questo momento perché volevo prepararmi. Speravo che prima o poi avrei sentito qualcosa cambiare dentro di me, tuttavia non è successo. Anzi, qualcosa è cambiato, ma non come ci si aspetterebbe da me.»
«E cosa ci si aspetterebbe da te?»
«Sono l’erede di Abraham Van Helsing, porto il suo nome e sono nato per distruggere il Male4 presente nel mondo. Sono nato per dare la caccia e uccidere i mostri e soprattutto per trovare e distruggere una volta per tutte l’erede di Dracula. Ecco cosa dovrei fare, invece sono qui davanti a te a riprendere il gioco da dove lo abbiamo lasciato.»
«E invece non hai ancora portato a termine quel compito. Era troppo difficile per te, non eri il degno erede di colui che ti ha dato il nome?»
«Sì, è difficile perché mi hanno insegnato come trovare l’erede, come difendermi, come fargli male ma nessuno mi ha mai nemmeno accennato a come fare per non cadere nella trappola più antica del mondo: l’amore.» Abraham si voltò piano e andò dalla parte opposta, lentamente. Si fermò a poca distanza dal muro e fissò il grande quadro appeso. Se un semplice mortale lo avesse visto, avrebbe pensato a una coincidenza, a qualcosa di stupefacente sulla somiglianza della donna dipinta e quella in carne ed ossa che si trovava dietro di lui. Anche se si spostava senza fare rumore, lui la sentiva. Era ad appena un passo da lui, avrebbe potuto allungare la mano e avrebbe trovato la sua.
«Amore? Credi che sia questo che provi? Non è attrazione verso il proibito? Verso l’antico e il misterioso?» Sussurrò quelle parole così vicino al suo orecchio che sentì un brivido sulla schiena. Se lei fosse stata una persona qualunque, avrebbe sentito il suo respiro caldo sulla pelle.
«Potrebbe esserlo in parte. Sei una donna attraente Elizabeth, solo un orbo non lo noterebbe, sei intelligente, hai anni di storia vissuta alle tue spalle, sei intrigante e misteriosa. E sei la donna che mi ha rubato il cuore, come direbbero i comuni mortali.»
«L’erede di Dracula che ruba il cuore all’erede di Van Helsing? Visto il senso decisamente figurato della frase, credo che entrambi in questo momento vogliano risorgere per farci fuori. Dovresti cambiare strategia e rubare il mio di cuore, letteralmente. Domani appena sorge il sole, sai dove trovarmi, lo sai sempre. Ti lascerò la porta aperta e tutto a portata di mano così che tu possa liberarti della maledizione5 finalmente.»
Per un attimo Abraham vide un’ombra di tristezza nei suoi occhi. Era strano perché da secoli veniva insegnato che qualcuno come lei non poteva provare nulla eppure aveva avuto modo di dubitare di quel insegnamento diverse volte. In quel momento ancora di più non credeva a quell’insegnamento antico.
«Sai che non posso farlo, vero? Ho provato ma non sono mai riuscito nemmeno ad avvicinarmi all’obiettivo. Sono arrivato in questo posto sperduto e dimenticato da Dio per trovare una soluzione, ma il destino si è preso gioco di me visto che sono davanti a te e mi è sempre più chiaro che una via d’uscita non c’è.»
«Devi rompere quella maledizione così che tu e la tua famiglia possiate vivere in pace. Dovrai farlo, dovrai riuscire lì dove i tuoi antenati hanno sempre fallito.»
«Se loro hanno fallito perché io dovrei avere successo? Loro ti odiavano e non sono riusciti ad ucciderti, come potrò mai farlo io che invece ti amo con ogni fibra del mio corpo?»
«Loro mi odiavano e mi davano la caccia come a un mostro qualsiasi ritenendomi inferiore a loro. Non si sono mai fermati per capirmi. Tu invece mi stai considerando alla tua altezza, mi stai trattando da persona e non da mostro. E poi loro non avevano qualcosa che tu invece hai in questo momento: la mia resa.» Impiegò qualche secondo ad elaborare il significato di quelle parole e sbiancò. Non era facile per lui rimanere senza parole, ma in quel preciso istante era terrorizzato dall’idea di cosa significava davvero quel loro incontro.
«Non puoi arrenderti, non potrei mai ucciderti neanche se dovessi combattere contro di me, cosa ti fa pensare che potrei farlo se ti arrendi?» Le accarezzò piano la guancia. Sentiva la pelle fredda, liscia eppure quel tocco lo stava infiammando come non avrebbe mai dovuto farlo.
«Lo farai, trafiggerai il mio cuore6 perché non avrai altra scelta. Lo farai forse domani o forse tra qualche giorno, ma il momento arriverà.»
Abraham scosse la testa e senza pensare, rispose a modo suo: la baciò. Agì d’impulso, le sue labbra si scontrarono con quelle fredde di lei, eppure lei non si mosse nemmeno. Rispose al bacio e lo condusse lentamente verso una stanza e poi verso il letto a baldacchino. Il giorno dopo avrebbero fatto la guerra e si sarebbero datti la caccia, ma quella notte potevano posare a terra le armi e segnare una tregua. Avrebbero lasciato fuori da quel letto i problemi e per una volta nella loro esistenza avrebbero messo loro due al primo posto, mostrando con i gesti e i loro corpi tutto ciò che a parole non erano mai riusciti a dire davvero.
Abraham si girò e aprì piano gli occhi. Vide la stanza illuminata e si alzò di scatto. Guardò attorno velocemente e vide che la maggior parte delle grandi e pesanti tende erano state spostate per lasciar entrare il sole. Accanto al muro, nell’angolo ancora in ombra, Elizabeth era in piedi e lo guardava.
«Chi ha aperto le tende? Dovremmo chiuderle prima che il sole sorga del tutto.» Imprecò sottovoce mentre cercava di infilarsi i jeans della sera prima. Era ancora a torso nudo e scalzo, con i capelli arruffati e il segno del cuscino sul viso.
«Sei così fragile quando ti svegli, per alcuni istanti sembri ancora quell’adolescente che ho conosciuti anni fa. Ribelle, con il sorriso da Don Giovanni, pronto a far cadere le ragazze ai suoi piedi. A volte dimentico che ormai sei un uomo che ha superato i trent’anni, per quanto tu sia ancora nel pieno delle forze.»
«Allora chiudiamo quelle tende e torna al letto finché non divento troppo vecchio e senza forze.» Le fece un sorriso malizioso che spiegava chiaramente il suo intento.
«Sei affascinante Abraham e qualsiasi donna sarebbe felice di stare al tuo fianco. Ma tu non lo sarai finché l’erede di Dracula vivrà, tu non potrai essere felice finché io vivrò. E io non sono così crudele da toglierti anche la possibilità di esserlo.»
«Io sarò felice ad avere te accanto a me. Non mi interessa nessun’altra donna.» Cercò di avvicinarsi piano, non voleva farla sentire in trappola. Desiderava solo chiudere le tende e trovare una soluzione alla loro eterna guerra.
«Guardami. Sono un mostro non vivo e non morto. Sono giovane fisicamente e rimarrò tale per l’eternità. Tu stai invecchiando, con il tempo il tuo cuore diventerà più debole, il tuo corpo senza forze fino a quando un giorno la vita ti abbandonerà. Non potrai sposarti e avere figli, nessuno piangerà la tua morte, nessuno ti ricorderà nei racconti davanti al caminetto perché tu non lascerai niente dietro di te. Io non posso darti una famiglia, non posso sposarti e non posso rispettare quelle promesse che dicono “finché morte non ci separi” perché io sono immortale.» Aveva parlato piano, con voce calma eppure le sue parole rimbombarono tra quelle mura di pietra fredda come se avesse urlato con tutte le sue forze.
«Non mi interessa niente di tutto ciò, voglio solo poterti amare. Sono egoista, ma ti voglio per me. Non chiedo nemmeno di essere ricambiato.»
«Non lo chiedi perché hai paura della risposta. Ricorda che sono un mostro, un vampiro il cui cuore non batte più da secoli, un’assassina che deve togliere la linfa vitale7 agli altri per sopravvivere. Non potresti mai essere felice accanto a me perché andresti contro i tuoi principi. E un giorno mi odierai e io posso sopportare tutto tranne il tuo odio.» Fece un passo e poi un altro ancora fino a quando il sole non la colpì sulla schiena. Il lungo vestito nero la copriva tuttavia si notava la sofferenza che aveva sul viso.
«Elizabeth, non puoi stare lì. Il sole ti fa male, più del solito. Da quanto tempi non ti nutri8?» Le rotelle del suo cervello iniziarono a girare veloci per mettere assieme tutti i dettagli e la conclusione alla quale era arrivato, non gli piaceva. Gli faceva solo paura, doveva ammetterlo.
«Non lo ricordo più nemmeno. Non volevo che mi trovassi con il sangue di qualcuno sulle mani, non avrei mai potuto baciarti avendo ancora il sapore di qualche insulso uomo o donna sulle mie labbra. Volevo che fossi tu e soltanto tu il mio ultimo ricordo, l’ultimo cuore che avrei sentito battere.» Si avvicinò alla finestra, senza girarsi. Il suo viso mostrava qualche smorfia di dolore eppure continuava con quella lenta agonia. I raggi erano più forti e sarebbe stata questione di poco tempo per lei, se non si fosse spostata dalla loro traiettoria. Tirò fuori dalla tasca del vestito un paletto di legno di frassino, molto appuntito e lo indirizzò verso il centro del petto.
«Cosa stai facendo Elizabeth? Non puoi farlo, troveremo una soluzione. Io ho superato i trent’anni e non sono morto come i miei antenati, forse la maledizione non vale più. Vieni avanti, copriti, lascia che chiuda le tende e butta via quel dannato paletto.» Il terrore si era impossessato di lui e la sua voce tremava. Non riusciva a pensare a nulla se non a come avvicinarsi a lei e trarla in salvo. Sapeva che doveva essere astuto e fare le cose piano perché nonostante tutto lei era più forte di lui.
«Hai compiuto trent’anni qualche giorno fa, ma la prima luna piena è tra due giorni. E sappiamo che nessuno dei tuoi antenati siano sopravvissuti oltre quel giorno. Sei maledetto e io non posso essere un tale mostro da vederti morire. Il tuo ricordo e il rimpianto sarebbero troppo da sopportare per l’eternità. Vieni e porta a termine il tuo compito, liberati dal Male.» Si avvicinò piano a lui, continuando a tenere il paletto con una mano e dando la schiena al sole.
«Troveremo una soluzione, Elizabeth, la troveremo.» Era un solo passo da lei e allungo una mano per prendere il paletto. Doveva farlo piano ma appena lui lo toccò, lei lo abbracciò forte. Il sole l’aveva indebolita, ma era una vampira antica e quei raggi non erano ancora sufficienti per metterla al tappetto. Lo strinse fino a quando lui non urlò. Il paletto le aveva trafitto il petto.
«Cosa hai fatto? Cosa ho fatto? Mordimi, prendi il mio sangue, ti prego.» La prese in braccio per evitare che cadesse a terra. Lui voleva solo prenderle dalle mani quel paletto ma non aveva considerato che lei aveva avuto tempo per mettere in atto quel piano. Non poteva uccidersi da sola, l’istinto alla sopravvivenza le impediva di tenere l’arma con le sue stesse mani ma poteva fare in modo che fosse lui a farlo.
«Perché lo hai fatto? Dannazione, perché lo hai fatto?»
«Dovevi essere tu, la maledizione non si spezzerebbe altrimenti. Non piangere per me, io ho vissuto a lungo, per me era arrivato il momento di andare a riposare. Sta sorgendo il sole, posso vederlo per un’ultima volta?»
Abraham la prese in braccio e la portò accanto alla finestra. La posò a terra piano e si sedette accanto a lei, tenendo la testa sulle sue gambe, accarezzandole i capelli e la fronte. Non sapeva se fosse solo la sua immaginazione, ma sentì qualcosa muoversi dentro il petto di lei, come se il suo cuore, immobile per centinaia di anni, avesse ripreso a battere ancora.
«Perché non vuoi mordermi? Ti salveresti, il paletto non è entrato fino in fondo.»
«Sono un mostro perché mi hanno fatto diventare così, non ho scelto di essere morsa e addestrata come l’erede di Dracula. Non ho scelto di poter sopravvivere uccidendo gli altri, ma posso scegliere per una volta di non uccidere la persona che mi ha fatto pentire di essere nata nell’epoca sbagliata, al posto e nel momento sbagliato. Il paletto non è entrato fino in fondo, ma era impregnato di acqua santa, ormai la fine per me è vicina.» Lasciò cadere il braccio senza forza e si girò per guardare il sole che era sorto del tutto.
«È così bello lo spettacolo della natura, posso rivedere la luce. Sii felice Abraham perché io lo sono, ho trovato l’amore e la pace.» Lo guardò e sorrise9. E lo fece per davvero, non era un ghigno o uno sforzo, era un vero sorriso con le labbra, le guance, gli occhi. Rimase così prima di trasformarsi in polvere tra le sue braccia.
30 anni dopo
Poenari non era più come lo ricordava. Era davvero in rovina, mura crollate e pietre che lasciavano spazio all’immaginazione per capire come era davvero quella fortezza una volta. L’incantesimo si era spezzato, non era più un posto abitabile anche se rimaneva pieno di misteri e di storia. Abraham aveva fatto la salita lentamente, non era più giovane come l’ultima volta che era stato lì. Era sopravvissuto alla prima luna piena dei suoi trent’anni, segno che la maledizione era stata rotta. Aveva ripreso la sua vita anche se un pezzo del suo cuore era morto quel giorno di decenni prima.
Elizabeth aveva avuto ragione, aveva trovato una donna e si era sposato, aveva avuto dei figli e anche se il suo erede aveva i suoi poteri, non portava più il segno sulla spalla. Non aveva più un destino da compiere, l’erede di Dracula era scomparsa anche se le leggende su di lei continuavano ancora. Guardò i fiori che aveva in mano: calle bianche, fiori di pesco e nontiscordardime10. Non abbinati perfettamente come colori forse, ma come significato sì. In fondo Elizabeth era stata il suo amore immortale che lui non avrebbe mai dimenticato. Aveva aspettato al lungo prima di tornare in quel posto, una volta rimasto vedovo, il richiamo era stato troppo forte per lui.
Poso il mazzo a terra, sopra una lapide con lettere sbiadite dal tempo e chiuse gli occhi. Sentì una follata di vento e l’ululato di un lupo e sorrise.
Spiegazioni
La storia contiene diversi indizi e riferimenti al personaggio letterario di Dracula e al mondo dei vampiri. I nomi dei protagonisti sono ovviamente legati al romanzo di Bram stoker: Abraham Van Helsing è l’antagonista principale di Dracula mentre Elizabeth è un riferimento alla figura letteraria di Elizabeth Bathory. Per molti infatti Elizabeth Bathory è stata l’erede o una delle spose di Dracula, ed è uno dei personaggi principale del seguito ufficiale del romanzo di Stoker.
L’erede di Dracula ovviamente è un personaggi che ho inventato io, come questo ci sono altre decine di personaggi nella letteratura e nel cinema di oggi. E’ un vampiro e come tale sarà sempre in contrasto con il discendente di Van Helsing.
1- “dimenticata zona rurale della Romania” si riferisce a una zona non proprio precisa nei dintorni di Arges, dove si trova la fortezza
2- Poenari – fortezza realmente appartenuta a Vlad III detto l’Impalatore
3- Voievoda di Valacchia è un chiaro riferimento a Vlad III L’impalatore
4- “il Male”: scritto come maiuscola perché si riferisce alle forze oscure sovrannaturali
5- “la maledizione” : ho immaginato che ci fosse una maledizione secondo la quale l’erede di Van Helsing non sarebbe sopravvissuto alla prima luna piena dopo il compimento dei trent’anni a meno che non riuscisse ad uccidere l’erede di Dracula
6- “trafiggerai il mio cuore” : riferimento al modo di uccidere i vampiri
7-“linfa vitale”: il sangue
9- “da quanto tempo non ti nutri”: i vampiri antichi riescono a sopravvivere alla luce del sole se si nutrono spesso e se sono forti, come Dracula. Elizabeth qui non si nutre da parecchio tempo quindi è molto debole alla luce del sole
9- “sorrise”. riferimento al finale di Dracula
10 – I fiori non sono casuali. Secondo alcune informazioni trovate sul web, le calle bianche sono significato di purezza e vengono spesso usate nel bouquet della sposa, i fiori di pesco sono simbolo di amore immortale e i nontiscordardime richiamano la fedeltà. Assieme dovrebbero mostra un quadro di quello che prova Abraham e di ciò che è il suo legame con Elizabeth.
Il finale è un po’ aperto e lascia l’interpretazione al lettore. Non odiatemi, è voluto così perché in fondo il mito del vampiro non muore mai e l’erede di Dracula non poteva semplicemente scomparire nel nulla.
Liv
Disclaimer & copyright
Il contenuto del racconto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. Questa breve storia è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.
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Ciao Liv!
Allora, Dracula è una delle mie storie preferite e devo dire che tu sei riuscita a fare una fan fiction davvero incredibile su tutto quello che è il mondo legato ai vampiri. I due personaggi e la loro storia d’amore travagliata mi ha semplicemente conquistata, poi con il tuo stile si legge davvero che è un piacere. Mi sono piaciuti davvero tanto tutti i riferimenti alla cultura vampiresca, davvero un racconto ben fatto.
Bravissima
Io credo che questo racconto sia veramente meraviglioso, forse il più bello di tutti quelli che ho avuto il piacere di leggere tra i numerosi che hai scritto. Lo trovo perfetto, da ogni punto di vista. La storia, come hai descritto tutto quanto, le emozioni e i sentimenti che ci hai messo dentro, anche il finale secondo me è il finale giusto per questa storia. Non c’è veramente niente da dire se non complimenti. Sono incantata! Bravissima, Liv!
Adoro i vampiri e il genere urban fantasy in generale. Il Dracula creato da Bram Stoker è per molti versi il mio mito.
Sei riuscita a scrivere una storia originale e profondamente umana, cosa non facile, visto che la tematica è super-sfruttata.
Mi è piaciuta molto la figura di Elizabeth (o Erzsébet), in effetti è vicina a come l’ho sempre immaginata io.
L’ambientazione è curata. Non ti dilunghi in dettagli inutili, ma fornisci gli elementi essenziali per contribuire alla fascinazione.
Mi hai letteralmente conquistata Liv! Sei riuscita a creare un racconto meraviglioso su uno dei miei romanzi preferiti. Benché non abbia mai amato particolarmente la letteratura sui vampiri più recente, Dracula di Bram Stoker resta per me IL libro da leggere a ogni costo. Mi è rimasto nel cuore e tu hai saputo utilizzarlo alla grande per dare vita a una storia alternativa capace di far vibrare cuore e anima. Col tuo stile molto scorrevole, ti ho letta in pochissimo e ne volevo ancora e ancora. Troppo breve per i miei gusti da appassionata. A parte qualche refuso qua e là anche la forma è ottima. Un inchino davanti alla forza del tuo scritto, bravissima. 🤩
Lo ammetto, i finali aperti io non li sopporto è più forte di me e di solito compromette sempre la valutazione di un libro appena letto o anche di un racconto. In questo caso però, nel tuo racconto ci sta e tutto sommato non mi è dispiaciuto perchè come dici tu in fondo si parla pur sempre di Dracula.
Ho trovato la tua scrittura molto molto scorrevole, non ho letto tutti gli altri racconti della rubrica perchè alcune volte non ho partecipato ma devo dire che finora quelli che io ho letto ho trovato che questo sia veramente quello scritto meglio per forma e contenuti. Sarà perchè l’argomento ha stuzzicato di più la tua curiosità, per il fatto che adori il personaggio non lo so ma fatto sta che mi è piaciuto e si nota il tuo miglioraramento – a mio avviso è ovvio –
Ciao Liv!
Sono ancora senza parole… ammetto che oggi mi hai particolarmente emozionato! Non conosco bene il mondo di Dracula e di Bram Stoker, principalmente perché sono un po’ impressionabile, ma mi riprometto sempre di leggere qualcosa prima o poi. Questa storia mi ha veramente appassionato: il “suicidio” di Elizabeth è un momento drammatico che tu hai saputo descrivere benissimo, attimo per attimo! Una storia d’amore e morte, romantica e gotica al tempo stesso: una bellissima idea! Come sempre, oltre all’intreccio ho apprezzato forma e stile. Complimenti davvero e alla prossima!
Fantastico! È la migliore storia che tu abbia mai fatto secondo me😍😍😍
Stupendo! L’ho divorato!! Ammetto che non ho ancora letto Dracula, nonostante ami le storie sui vampiri la sua figura per qualche motivo mi ha sempre incusso timore e quindi non ho mai trovato il coraggio. Però con il tuo racconto mi hai convinta e credo proprio che lo aggiungerò finalmente alla mia lista di lettura del 2021 🙂 Bravissima! Complimenti! Hai saputo descrivere i luoghi in un modo che mi ha permesso di immaginarmeli fin nei minimi dettagli. Lo stesso vale per i sentimenti dei protagonisti, mi sono sentita completamente travolta da questo loro amore immenso ed eterno, carico di rimpianto per l’impossibilità di viverlo fino in fondo. Grazie Liv per le emozioni che ci regali ogni volta con la tua penna!
Stupendo e davvero emozionante. Mortalità, immortalità e il grande amore che lega due personaggi destinati a odiarsi e combattersi. E poi quel meraviglioso sacrificio. Una vera e propria meraviglia. Complimenti