“Incontri e scontri” capitolo 3 | Storytelling Chronicles

“Incontri e scontri” capitolo 3 | Storytelling Chronicles

Introduzione racconto storytelling chronicles “Incontri e scontri” capitolo 3

Siamo ormai a maggio ed ecco a voi il racconto per la rubrica Storytelling Chronicles per il mese di aprile, organizzata da Lady C di La Nicchia Letteraria. Il tema questa volta è un po’ particolare: c’è un tema mensile e uno annuale. Per l’anno 2025 scriveremo una raccolta di racconti con lo stesso personaggio principale che deve compiere la sua crescita personale attraverso le avventure mensili. Ogni racconto mensile avrà una sua tematica che aiuterà il nostro sfortunato protagonista di turno di vivere le sue avventure.

Anche questa volta avevamo a disposizione una lunga lista di elementi tra i quali scegliere. Metterò qui quelli scelti da me e presenti nel racconto. Jess continua la sua avventura nella vita, aggiungendo nuovi dettagli a quella che è la sua quotidianità.

  1. Inserite tutti gli elementi naturali (acqua, terra, aria e fuoco): IL/LA PROTAGONISTA deve usarli in qualche modo (esempi pratici: beve l’acqua, accende il fuoco, ecc).
  2. Inserite un servizio da tè in porcellana: se ci sono anche dei biscotti, non sarebbe male.
  3. Inserite un libro, ma esso deve essere usato impropriamente da qualcuno che NON è il/la protagonista.
  4. Inserite almeno una di queste parole: antracite, luculliano, paravento, pastorella, mirtillo.
  5. Inserite un proverbio.
  6. C’è una rosa in terra: raccontateci la sua storia attraverso gli occhi DEL/DELLA PROTAGONISTA.
  7. Il/La protagonista prende una decisione senza troppo pensare: ci saranno delle conseguenze, fatele capire attraverso le azioni del/della main character stesso/a.
  8. Scegliete un mezzo di locomozione e fatelo usare al personaggio principale.

SOLO SQUADRA ROSSA (PUNTI OBBLIGATORI):
A. Se nel secondo capitolo avete inserito un nuovo personaggio, inseritelo nuovamente. Altrimenti, inseritene uno nuovo ora. Se poi volete osare e inserire sia quello nuovo del secondo capitolo sia quello nuovo di questo terzo, chi sono io per dirvi di no?
B. Inserite una domanda che necessiti per forza di una risposta, MA NON RIVELATELA. Lasciate il dubbio irrisolto, l’arcano sarà svelato a tempo debito.
C. La lunghezza del capitolo DEVE essere simile a quella dei precedenti (esempio pratico: se avete scritto in media 4000 parole, questo nuovo capitolo dovrà stare nel range 3500-4500).

Capitolo 1 lo trovate qui: Incontri e scontri
Capitolo 2 lo trovate qui: Incontri e scontri capitolo 2

storytelling chronicles copertina

 Incontri e scontri capitolo 3

I fiocchi di neve stavano diventando sempre più spessi rendendo la strada e i campi attorno completamente bianchi. Il tutto sembrava quasi una coperta soffice, appoggiata sull’asfalto e sull’erba ormai secca o bruciata dal gelo. La strada era stata pulita di recente, come dimostravano i cumuli di neve ai suoi lati, ma i fiocchi che cadevano stavano rendendo vano quel lavoro ormai. La natura stava mostrando la sua forza, incurante degli sforzi delle persone. Jess sperava di arrivare in tempo a destinazione, prima che la tempesta rendesse impossibile la salita alla baita. Quel viaggio in macchina era già diventato troppo lungo per i suoi gusti e non vedeva l’ora di scendere da quella macchina.

Non guidava lei, ma un autista esperto ingaggiato da suo padre, solo che essendo da sola, dopo un po’ di strada, il silenzio era diventato troppo ingombrante. Non conosceva il nuovo autista e di certo non poteva mettersi a fargli domande personali o indiscrete solo per riempire quel vano della macchina dove appena si sentivano i loro respiri. Il motore era silenzioso e da fuori non arrivava nessun rumore, rendendo l’abitacolo uno spazio dove si poteva quasi sentire il proprio battito. Quel silenzio non le piaceva molto perché aveva troppo tempo a disposizione per pensare e in quei giorni i suoi pensieri non erano molto gioiosi.

La caviglia le faceva ancora un po’ male e quindi aveva dovuto ascoltare le lamentele disperate di sua madre perché avrebbe partecipato a una festa senza poter indossare tacchi. Ovviamente le aveva suggerito di prendere un antidolorifico e prendere gli stivali alti, comunque, perché l’immagine era molto importante in quel momento. Ovviamente Jess aveva fatto a modo suo, non voleva soffrire ancora di più per motivi così futili.

La macchina svoltò ancora una volta e la vista del parcheggio della baita la portò e mettere da parte quei pensieri e a concentrarsi sul presente. Guardò l’edificio che aveva davanti e anche se tutti la chiamavano baita, Jess era convinta che il nome più appropriato fosse albergo.

Da quello che sapeva lei, quella era la proprietà di un amico e socio in affari di suo padre e lei era stata invitata a passare gli ultimi giorni dell’anno lì, come altri della stessa cerchia. Ovviamente il rifiuto non era una possibilità contemplata quindi anche se la sua caviglia era ancora dolorante e questo non era il massimo per camminare sulla neve o per sciare, i suoi genitori avevano deciso che era un’ottima opportunità per lei.

Non capiva quale fosse lo scopo vero e cosa esattamente avrebbe vinto, se non il mal di stomaco a dover interagire con alcune persone. Sapeva già che Clarice non ci sarebbe stata perché era in Europa con i suoi genitori; quindi, dentro quella casa non ci sarebbe stato nessuno da poter chiamare amico vero. La portiera che si chiudeva davanti, la riportò nuovamente alla realtà e scese dalla macchina. Prese la sua valigia e salutò l’autista, poi si girò verso la casa. Fece alcuni passi sulla terra ghiacciata, respirando a pieni polmoni quell’aria gelata che le pizzicava la pelle e osservò ciò che aveva attorno. Nel parcheggio vide una sola macchina, segno che era arrivata tra i primi. Non sapeva se essere contenta di quel fatto o meno e prima di perdere il coraggio, riprese a camminare salendo i gradini con attenzione. 

Prese la chiave dalla tasca e aprì, osservando lo spazio che comparve davanti ai suoi occhi: tutto era decorato per Natale, un grande caminetto in pietra color antracite dominava la stanza con grandi travi dello stesso colore. Jess guardò il fuoco scoppiettante e prima di pensarci, andò a riscaldarsi le mani e a ravvivarlo. Quei pochi metri fatti al freddo le avevano congelato le mani senza guanti. Ravvivò il fuoco ringraziando il loro giardiniere di averle insegnato tante cose utili come quella e tenne le mani vicino, fino a quando non tornò a sentirle caldo nuovamente.

Quando si sentì meno congelata, iniziò a girare per la stanza osservando tutti i dettagli: il pavimento in legno chiaro faceva contrasto con il caminetto ma rendeva tutto più caldo e accogliente. Dall’altra parte rispetto alla porta d’entrata, c’era un muro in vetro che dava sul giardino e sul patio innevato. La vista era spettacolare, soprattutto in quel momento con i fiocchi di neve che scendevano senza interruzione.

Con le mani che avevano riacquistato la sensibilità, Jess si tolse il giubbotto e la sciarpa e le sistemò sull’attaccapanni e continuò il giro di ricognizione, approfittando del fatto che non ci fosse nessuno a disturbarla.

Ammirò l’ampio divano ad angolo con le poltrone ai lati che sembravano davvero comode e il tavolino in centro dove c’era un servizio da tè in porcellana con dei disegni di fiori molto delicati, con un piattino pieno di biscotti al cioccolato. Accanto, c’era un libro e un telefono appoggiato, con lo schermo spento. Probabilmente quel qualcuno che era arrivato prima di lei, aveva usato il libro come poggia telefono per guardare qualcosa sullo schermo, senza tenerlo in mano. Jess alzò gli occhi al cielo perché lo trovava un sacrilegio. Avrebbero potuto rovinarlo, vista la tazza di tè mezza pieno accanto. Lei era molto intransigente su quel fatto, i libri andavano trattati bene sempre e in ogni caso.

Scosse la testa e continuò il giro: dall’altra parte della stanza c’era il tavolo lungo già apparecchiato, a occhio e croce con una quindicina di coperti. Andò verso la vetrata e vide una rosa rossa per terra. Visti i centri tavola creati ad arte, immaginò che fosse stata parte di quelli una volta. Tuttavia, spinta da quel poco romanticismo che la sua compagna di corso aveva cercato di infonderle da due anni, cercò di immaginare una storia diversa: una coppia era arrivata, stava guardando la stanza proprio come faceva lei e lui aveva preso una rosa dal centrotavola per darlo a lei per poi baciarla con passione. La rosa scivolò giù dalle mani di lei e rimase per terra dimenticata quando la passione ebbe il sopravvento su di loro. Sorrise per quella storia assurda che aveva pensato e si piegò per prendere la rosa.

Allo stesso tempo, una mano invase il suo campo visivo e la raccolse prima di lei. Alzò il viso e guardò lo sconosciuto. Appena vide il suo viso, con il labbro che portava ancora i segni della rissa, sgranò gli occhi e cercò di fare finta di nulla.

 Non poteva cerco chiedergli cosa facesse lì o accusarlo della rissa che aveva visto la settimana prima nel parcheggio della discoteca.  Lei lo aveva riconosciuto, ma non credeva che lui l’avesse davvero vista quella sera o che fosse in grado di riconoscerla. Lo guardò dall’alto verso il basso e prima ancora di riuscire a creare un pensiero logico, lo sconosciuto parlò:

 «Vedo che hai trovato qualcosa di interessante da guardare e non sto parlando della rosa.» Fece un sorriso sghembo con il risultato di irritare Jess. Si chiedeva spesso perché i ragazzi facevano sempre battute di dubbio gusto con la speranza di attirare una ragazza. Anche Nicholas era uguale, ogni volta che lo vedeva. Alzò gli occhi al cielo perché se lo sconosciuto pensava di fare colpo su di lei come Nicholas all’inizio, allora aveva proprio sbagliato tecnica.

 «Certo, avevo trovato un fiore delicato prima che tu ci mettessi le tue mani sopra.» Finse indifferenza, non poteva sicuramente dargli ragione. Lo aveva guardato ed effettivamente aveva apprezzato l’immagine che aveva davanti. Era una cosa oggettiva: era un bel ragazzo. Se non apriva bocca per fare battute poco intelligenti.

 «Stavi fantasticando su qualcuno che avrebbe preso questa rosa in mano e l’avrebbe regalata a qualcuno, magari a te, prendendoti in braccio con passione?» Il sorriso furbo e lo sguardo pieno di malizia non scomparvero nemmeno per un secondo, mentre si avvicinava un po’ a Jess.

 «E tu ti offriresti per questo compito, immagino.» Alzò gli occhi al cielo nuovamente. Avrebbe voluto rispondere male, ma sapeva che in quel tipo di ambiente non poteva farlo, non era al college e lì lei era la brava ragazza che non imprecava e non insultava nessuno, nemmeno quando se lo meritava.

 «Per una bella ragazza, sempre.» Il sorriso comparve di nuovo sul suo viso creando una fossetta.

  «Si dà il caso che il tuo presunto fascino non l’ho visto, quindi sono ancora immune.» Jess scosse la testa e si girò a prendere le sue cose per salire al piano di sopra. Non aveva intenzione di continuare quel discorso senza via d’uscita. Sapeva quando ritirarsi, poteva essere di cattivo umore persino, ma non poteva rendersi ridicola.

 «Chi disprezza compra, ricordalo. Terrò la rosa come tuo ricordo fino a quando verrai da me di tua spontanea volontà.»

 La sua frase la sentì appena mentre saliva le scale e decise che la miglior risposta era ignorarlo. Non gli aveva nemmeno chiesto chi fosse e sperava che non fosse l’unico arrivato alla baita perché non aveva intenzione di sorbirsi nuovamente i suoi tentativi di conquista con battute squallide.

Una volta arrivata in corridoio, tirò fuori il telefono e riguardò il messaggio di Martha, l’assistente di suo padre, che le indicava la stanza che avrebbe occupato. Seguì le indicazioni e aprì la porta in questione. Lo stile era un po’ diverso da quello del piano sotto: la stanza era molto luminosa con ampie vetrate come sotto, con il letto enorme con un baldacchino, le travi e il legno dappertutto combinato con leggeri inserti in vetro, creavano un ambiente caldo, moderno e classico allo stesso tempo.

Jess aprì la valigia e mise le sue cose nell’armadio della stanza. Sapeva che era necessario cambiarsi e con un respiro profondo tirò fuori qualcosa che poteva essere comodo ma indicato per la cena. Era sicura che qualcuno tra loro avrebbe fatto delle foto e le avrebbe pubblicate su qualche social, motivo per il quale non poteva comparire vestita in modo inadeguato. Avrebbe sentito poi i rimproveri di sua madre per settimane e voleva evitarlo.

Quella vacanza doveva essere tra giovani ragazzi in montagna, ma sapeva che c’erano persone che cucinavano e pulivano per loro e che loro non avrebbero fatto altro che fare festa. Non era esattamente la vacanza che i suoi compagni di college avrebbe fatto. Indossò un paio di jeans scuri, attillati, un maglioncino crema che scendeva morbido sulle spalle, degli stivaletti con un tacco solido e scese al piano di sotto. Sentiva voci indistinte e risate, segno che alla fine non c’erano solo lei e lo sconosciuto troppo arrogante di prima. Sicuramente qualcuno sarebbe arrivato il giorno dopo, ma almeno per quella sera c’era compagnia.

Vide alcune facce conosciute, altre meno, ma tirò un sospiro di sollievo quando nessuno fece una presentazione formale. Jess andava bene, anche se la sua era un’illusione perché sapeva che appena si fosse girata, qualcuno avrebbe già detto vita, morte e miracoli sulla sua famiglia. Alla fine, era la figlia di uno degli uomini più ricchi del paese e quello era un marchio del quale non poteva liberarsi.

Mentre cercava con lo sguardo un posto defilato, ai margini ma senza risultare sgarbata, le arrivò una voce dall’altra parte della stanza.

«Pensavo mi avresti evitato per tutta la serata, ma alla fine devo ricredermi.»

Jess si voltò di scatto. Il ragazzo di prima le sorrise con quel mezzo ghigno che ormai sembrava la sua firma. Lei sollevò un sopracciglio e lo fulminò con lo sguardo. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione e il suo piano era appena stato mandato in fumo da quel ragazzo.

«Non ho ragione per evitare qualcuno qui dentro, quindi direi che parteciperò alla cena come tutti.» Jess cercò di non risultare antipatica, sorrise persino, anche se era consapevole che il suo sorriso ea molto finto. Sapeva però che sarebbe andato bene perché alla fine nessuno si soffermava a guardare davvero una persona per comprendere il suo stato d’animo. Le apparenze bastavano.

«Quindi ti siederai vicino a me?» Le indicò la sedia libera senza mai smettere di sorridere e la cosa che faceva davvero irritare Jess era che lui era sincero, si stava davvero divertendo.

«Ci sono tanti posti liberi, posso sedermi in uno di quelli che si trovano dall’altra parte del tavolo.» Si avvicinò a una sedia e con molta grazia, si sedette come se non stesse scappando per niente.

«Un peccato. Pensavo di essere irresistibile, almeno un po’.» La faccia triste che fece risultò persino buffa a Jess, perché non poteva nascondere quel luccichio divertito che aveva nello sguardo.

«Se parli con lo specchio, forse risulti irresistibile.» Jess si sedette e improvvisamente si interessò al piatto e alla trama del tovagliolo.

Dopo esseri sistemati tutti, i discorsi continuarono senza fare nessun riferimento a quel battibecco al quale avevano assistito tutti in silenzio. Investimenti, macchine nuove, mete esclusive, nuovi eventi ai quali partecipare, erano gli argomenti centrali. Jess cercava di partecipare e mostrare interesse ascoltando, senza però intervenire direttamente.

«Non so se tu sia timida, ma vista la reazione di prima, non credo. Sono propenso a credere invece che non sei proprio tipo da cene ed eventi simili. Sto ancora cercando di capire la verità.»

Jess cercò di trattenersi dall’imprecare per lo spavento quando sentì quella voce vicino all’orecchio. Il ragazzo di prima si era spostato, mettendosi proprio vicino a lei, sulla sedia che era rimasta libera.

«E tu sembri uno che si diverte a infastidire la gente che non conosce nemmeno.»

«Potrebbe sembrare così, ma in realtà sto cercando di fare amicizia con tutti e di assicurarmi che siano a loro agio, da bravo padrone di casa.»

Jess rischiò di soffocarsi con il pezzo di carne che aveva appena mandato giù quando sentì quella frase. Prese un sorso di acqua, con grazia proprio come le era stato insegnato, mentre in realtà voleva solo tossire. Si riprese subito fortunatamente, anche se non sapeva come gestire bene la notizia che aveva appena sentito. Pensava che lo chalet fosse preso in affitto, cosa normale per le vacanze di quel tipo, non che fosse di qualcuno di loro. Non cambiava nulla per lei in realtà, solo che quel fatto le confermava che si trovava in un mondo un po’ fuori dagli schemi e dalla realtà quotidiana della maggior parte dei ragazzi della sua età.

«Sei rimasta così impressionata da questo fatto che hai perso l’utilizzo della parola? Se sapevo che serviva questo per conquistarti, te lo avrei detto appena arrivata.»

«Oh no, in realtà non mi interessava la notizia quindi ho continuato a mangiare.»

«Quando qualcuno scopre che possiedo una simile proprietà, rimane stupito e come minimo mi chiede come sono riuscito ad averla alla mia età. Strano, dunque, che tu non mostri nemmeno un po’ di curiosità per questo.»

«Tutte le persone presenti qui sono nate e cresciute in un mondo privilegiato, hanno fatto vacanze solo in posti di lusso, guidano macchine costose oppure hanno un autista a loro disposizione, perché il fatto che tu abbia una proprietà di un certo tipo dovrebbe sconvolgermi? Sai almeno chi sono i tuoi invitati e chi sono le loro famiglie?»

«Perché la differenza tra me e loro sta nel fatto che loro usano la proprietà o il denaro di qualcuno, mentre io uso il mio.»

«Non è elegante parlare della quantità di soldi che si possiede in un evento così amichevole e informale. Non stiamo cercando di fare affari quindi puoi anche essere un narcotrafficante di un certo livello e quindi poterti permettere tutto questo senza fare affidamento su qualcuno, ma sappiamo entrambi quale è la verità.»

«E quale sarebbe questa verità?»

«Che se non usi i soldi di qualcuno, allora li hai ereditati. Puoi averli investiti in modo intelligente, ma sei partito da una base solida. Come tutti noi qui dentro.»

Jess prese un sorso di acqua con molta eleganza mentre lo guardava sfidandolo a dirle che non aveva ragione. I libri erano un conto, la loro realtà, per quanto assurda, era un’altra. Tutti avevano fondi fiduciari più o meno consistenti, carte di credito con limiti parecchio impressionanti, cose che non avevano guadagnato in nessun modo se non perché erano nati in quelle famiglie.

Lui aprì bocca, ma in quel momento le luci si spensero e l’unica cosa che venne fuori da lui, fu un’imprecazione. Jess non avrebbe mai saputo cosa voleva aggiungere o ribadire alla sua provocazione, ma quello non era certo il momento di insistere. La bufera aveva sicuramente creato un danno e loro erano senza connessione con il mondo.

Le candele accese per fare atmosfera stavano creando abbastanza luce perché riuscissero a muoversi e vedersi in faccia, pur con tutte le ombre del caso. Il fuoco illuminava un po’ il divano vicino, ma sembrava che fosse sceso il mistero su quella casa.

«Oddio, il mio telefono non prende, zero. Come faccio adesso a pubblicare le stories con il mio outfit e la cena a lume di candela?» Una ragazza con boccoli creati ad arte, truccata perfettamente e vestita come se quella fosse stata una cena in un ristorante stellato, stava continuando a lamentarsi e a provare ad accedere ai social.

Jess fulminò la ragazza, anche se era sicura che nessuno lo avrebbe notato. Era la figlia di un politico, l’aveva già vista in diverse occasioni e sapeva quanto fosse popolare sui social con i suoi video e le foto che testimoniavano il suo stile di vita. Jess avrebbe voluto risponderle male perché in quel momento, i social erano l’ultima cosa della quale preoccuparsi.

«Nessuno ti ha insegnato che non si alzano gli occhi al cielo in pubblico e non si guardano male le persone? Non è cortese da parte tua farlo davanti alla preoccupazione di Charity.»

«Non so nemmeno come ti chiami, hai passato tutta la serata a punzecchiarmi, quindi non dovresti darmi lezioni di etichetta. E poi, poteva persino preoccuparsi di un omicidio o degli alieni, ed era meglio e più seria come preoccupazione rispetto ai social e ai suoi fans.»

«Mi chiamo Alexander. E hai ragione, questa volta non posso trovare niente da ribadire alla tua frase.» Alzò le spalle per confermare quello che aveva appena detto.

«Mi hai dato ragione, Alexander, credo che questo faccia davvero molto male al tuo ego. Ti direi che mi dispiace, ma sarebbe del tutto falso.»

Jess si alzò e andò a controllare il quadro elettrico acanto alla cucina. Quando aveva fatto il giro della stanza prima, lo aveva notato lì. Come sospettava, la casa era isolata da tutto. Aveva imparato tante cose durante i corsi della facoltà di meccanica, anche se ufficialmente lei non poteva parlare con nessuno. Trovava ingiusto quel rifiuto dei suoi genitori nei confronti delle sue passioni utili, ma che venivano trattate come se lei avesse scelto di spacciare droga.

«C’è un generatore di emergenza che viene usato per il riscaldamento e per l’acqua, così come per cose di assoluta necessità. Direi che per finire la cena, possiamo cavarcela con le candele senza problemi.» Alexander andò in cucina e dopo qualche istante tornò seguito da due persone che tolsero tutti i piatti dal tavolo e portarono il dolce. Aveva parlato con alcune persone che si occupavano della sicurezza e Jess lo osservò mentre prendeva in mano la situazione e agiva senza mostrare il minimo accenno di ansia.

«E come facciamo senza internet per tutta la sera?» Charity era nel panico, guardava il suo telefono e gli altri come se quella fosse la fine del mondo.

«Ci sono alcuni giochi da tavolo, direi che possono impegnarci abbastanza per la serata.» Alexander andò verso uno dei mobili accanto al caminetto e tirò fuori delle scatole che Jess cercò di guardare spinta dalla curiosità. Nel suo mondo non si passavano troppe sere a giocare con i giochi da tavolo a meno che non fossero considerati davvero chic.

Lei li aveva scoperti l’anno precedente quando la sua compagna di corso l’aveva invitata a una serata tranquilla con i suoi amici. Si era divertita molto e aveva continuato a partecipare ogni settimana quando organizzavano quel genere di serata. Per quanto Evie fosse diversa da lei e fosse cresciuta in una famiglia normale, non aveva mai detto nulla del cognome di Jess, delle sue vacanze o del suo mondo. Sapeva chi fosse eppure non le interessava. Probabilmente era la persona che poteva ritenere amica vera, anche se in modo diverso da Clarice.

Jess si alzò e andò sul divano, sperando che gli altri prendessero spunto da lei e da Alexander. Qualcuno lo fece, altri invece dichiararono che erano stanchi e avrebbero approfittato dell’assenza di elettricità per riposare.

La serata continuò per un po’ fino a quando non andarono nelle loro stanze tutti, tranne Jess e Alexander. Anche se non aveva sonno, Jess lo vide come un segnale per ritirarsi anche lei. Non aveva voglia di rimanere da sola con lui.

«Non andrai via anche tu? Sei l’unica che ha davvero della competizione per questi giochi. Inoltre, loro non sanno giocare e invece di fare domande per comprendere le strategie, si ritirano con la scusa della stanchezza. Se la bufera non ci avesse isolati, probabilmente avrebbero messo la musica stile discoteca fino alle tre di notte senza problemi.»

«Il tuo è un pregiudizio sui tuoi amici, non pare molto carino da parte tua.»

«Conoscenze, non amici. Qualcuno in questo mondo dorato non vede la differenza tra le due cose, ma è importante per sopravvivere. Le conoscenze le saluti, sorridi, partecipi con loro a qualche evento, ma non chiamerai nessuno di loro se hai un problema.»

«Se hai un problema chiami il tuo avvocato solitamente, ma non credo sia tuo amico.»

Alexander scoppiò in una risata sincera. «Dai per scontato che io possa avere problemi solo con la legge? Non pensavo di avere una faccia da cattivo.»

«Oh no, non hai la faccia da cattivo anche se ti piacerebbe visto come sei conciato. Tuttavia non credo tu abbia problemi come i comuni mortali.»

«Se avessi problemi con la legge, chiamerei un avvocato, è vero. Si dà il caso sia mio amico anche, ma in alcuni momenti parlo con il professionista che deve prendersi cura dei miei interessi, altre volte parlo con la persona che può darmi un consiglio o ascoltarmi, proprio come fanno gli amici normali. Come facciamo noi due adesso.»

«Siamo già amici?»

«Stiamo parlando di cosa pensiamo del mondo, di come vediamo l’amicizia e non solo, direi che non siamo due conoscenti che si sono salutati cortesemente e basta.»

«Non sai nemmeno chi sono, prima di dare la tua fiducia, dovresti almeno conoscere un po’ una persona. Consiglio da amica.»

«Ti chiami Jess, sei una ragazza che non sopporta molto il mondo dell’élite e i figli di papà, hai delle idee molto decise sulla ricchezza e sul merito e per questo credo tu sia parte di quella fascia cosiddetta media, non hai mai avuto problemi di soldi ma non fai parte di questo mondo dorato dove tutti spendono senza guardare i prezzi. Mi chiedo dunque cosa tu ci faccia qui, perché credo tu abbia accettato l’invito di qualcuno, ma non capisco la motivazione. Volevi per qualche giorno vedere come si divertono i rampolli della nostra società?»

«Adesso capisco perché chiami amico chiunque, ti fidi delle apparenze in poco tempo e senza valutazioni accurate. Se fai anche affari allo stesso modo, credo che questo tuo bellissimo chalet rimarrà di tua proprietà per poco tempo. Rifletti su questo Alexander. Buonanotte.»

Jess uscì di scena prima che Alexander potesse ribadire altro. Salì le scale con il sorriso perché sapeva di averlo lasciato a bocca aperta e soprattutto era divertita dal fatto che lui non avesse compreso un bel niente su di lei, se non il fatto che non si sentiva mai a suo agio in quel genere di eventi, anche se doveva prendervi parte.

Disclaimer & copyright

Il contenuto del racconto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. Questa breve storia è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.

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One comment

  1. Roberta

    Ecco!! Ci speravo proprio di scoprire l’identità di quel ragazzo affascinante e attaccabrighe… sono felicissima di averli visti insieme, spero che le cose evolvano per il meglio. Le tue descrizioni degli ambienti sono molto vivide e precise, sembra di vedere lo chalet, le stanze, tutto.
    I loro botta e risposta sono sagaci e ben fatti!
    La storia si fa interessante… spero di leggere ancora su di loro anche nel prossimo capitolo!

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